Teneramente Naiki
Il suo nome era Naiki.
In realtà doveva chiamarsi Νίκη, come la Nike di Samotracia, la giovane dea alata. Perché col suo aspetto da vittoriosa sopravvissuta mi dava l’idea di una creatura che nei primi due mesi di vita aveva dovuto superare chissà quali indicibili prove e terribili pericoli.
Ma il suo nome divenne rapidamente e affettuosamente Naiki.
Avevo 13 anni quando arrivò senza tanto preavviso, era uno scheletrino poco attraente, tutto arruffato, con due occhi gialli spalancati pieni di vigile terrore.
Si nascondeva ovunque ed era impossibile stanarla dai suoi nascondigli più disparati, senza considerare che si mimetizzava perfettamente nel buio delle scatole da scarpe o delle mensole dello sgabuzzino.
Era ed è sempre stata magra, con una silhouette sottile e un muso affilato, da predatrice seriale di lucertole.
Qualche pelo bianco sul collo, tra le scapole, e tra i polpastrelli delle sue zampine.
Occhi gialli con pigmentazioni scure, comparse durante la vecchiaia. Andatura un po’ zoppicante nei passaggi stagionali, frutto di una frattura scomposta multipla della zampa posteriore destra. Quando aveva 13 anni e ancora non guardava a destra e sinistra prima di attraversare la strada.
Una coda che teneva alta solo quando si sentiva sicura, quando con i suoi sensi sviluppatissimi percepiva che stavo tornando a casa e si presentava sul marciapiede venendomi incontro, indifferente ad auto e carrozzine.
In questa foto aveva 16 anni.
Non era meravigliosa?!
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